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04/10/12

la vettura privata è diventata un lusso


Gli italiani tartassati dalla crisi scoprono che la vettura privata è diventata un lusso. Calano vendita di carburanti e immatricolazioni. Chi può inforca la bici o prende il bus. Le nuove abitudini cambieranno anche le nostre città? 
E dire che eravamo abituati, per passione o per necessità, a considerare l’auto una nostra appendice. Invece la crisi ha operato un cambiamento che definire antropologico, in un paese che deteneva il record europeo della motorizzazione, non è esagerato. Qualche cifra: in aprile i consumi dei carburanti (benzina e gasolio) sono diminuiti del 14,8%. Piangono i distributori e l’industria petrolifera, che vede calare i suoi proventi del 6,6%, mentre cresce il gettito fiscale del 10,8%. Il mercato dell’auto va sempre peggio: a luglio la motorizzazione ha immatricolato 108.826 auto, con un -21,39% rispetto a luglio dell'anno scorso, quando furono immatricolate 138.445 vetture. Se consideriamo il periodo gennaio-luglio le auto nuove acquistate sono state 927.739 con un calo del 19,27% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. è dal '78 che non si registravano così poche immatricolazioni.
Ma è l’Unrae a usare la parola demotorizzazione per descrivere il fenomeno che stiamo vivendo: "Il parco automobilistico sta calando – scrive l’Associazione delle case automobilistiche estere in Italia – e nei primi quattro mesi dell’anno si è ridotto di 26.600 unità". Un fenomeno del tutto contrario a quello della motorizzazione di massa che, tra gli anni ’50 e ’60, vide incrementare i veicoli circolanti dalle 14 automobili ogni 1.000 abitanti a un'auto ogni 17 abitanti. E se fu la motorizzazione a trainare il boom economico, la demotorizzazione è figlia della crisi economica, e potrebbe addirittura renderla più grave. O almeno così la pensa il presidente dell’Aci, Angelo Sticchi Damiani: "Il 2012 si dovrebbe chiudere con un numero di auto vendute di circa 1.500.000 unità. Ovvero mezzo milione di auto in meno l’anno rispetto alla media degli ultimi quattro anni. Chiaro che il sistema-auto così non può reggere. E per sistema auto intendo un settore che, considerando l’indotto, dà lavoro a 1.200.000 persone, pesa l’11,4% del PIL e contribuisce al gettito fiscale nazionale nella misura del 16,6%". Il presidente dell’Unrae, Jacques Bosquet, ribadisce che sono diminuite non solo le auto vendute, ma quelle circolanti: "Le percorrenze medie si sono drasticamente ridotte, la mobilità individuale si sta modificando e molti si disfano della propria vettura senza sostituirla con una nuova. I giovani vedono oggi difficile il mantenimento e l'uso dell'automobile, spremuti come sono dalle tasse e dalle incertezze sul lavoro".
Ma questo fenomeno potrebbe, almeno, diventare un’opportunità per ripensare il nostro modello di mobilità? Essere costretti a fare a meno dell’automobile – o a usarla con più parsimonia – può indurci a riflettere sul fatto che esistono anche altri modi per muoversi da un punto A a un punto B? "Potrebbe essere un’opportunità – spiega Andrea Poggio, vicedirettore di Legambiente – ma per il momento parlerei piuttosto di decrescita infelice. L’uso dell’automobile è diminuito, ma non tanto per i costi dell’auto. È stata la crisi a ridurre la mobilità degli italiani: ci si muove di meno per lo più perché è aumentato il numero dei disoccupati. La diminuzione degli spostamenti è tra il 7 e l’8%. Non c’è dubbio: nelle grandi città c’è una quota di persone che si è spostata sui mezzi pubblici e, laddove è possibile, cioè - ripeto – per lo più nelle grandi città, la gente sta capendo che l’auto sta diventando un lusso di cui si può fare a meno".
Un lusso? Pare di sì. Secondo i calcoli della stessa Aci oggi un’auto ferma costa all’anno - tra assicurazione, bolli, manutenzione, ecc. – circa 3.500 euro l’anno, a fronte dei 3.278 dello scorso anno. Facciamo i conti: "Fra il 1990 e il 2010 – spiega ancora Angelo Sticchi Damiani – la spesa degli italiani per l’acquisto dei carburanti è cresciuta del 96,3%. Ma negli ultimi due anni le cose sono notevolmente peggiorate: considerando infatti anche il superbollo, l’Ipt e l’Iva, la maggiore spesa fiscale per gli automobilisti nel 2011 è stata di 1,2 miliardi e sarà di 2,4 miliardi nel 2012".
Per ribellarsi a questo destino di limoni spremuti dal fisco, l’Aci ha indetto – in giugno – lo sciopero della benzina, a cui ha aderito un automobilista su tre.
Per Legambiente, invece, si potrebbe cominciare a prendere in considerazione l’ipotesi di fare a meno della macchina. "Perché se reinvesto tutti i 3.000 euro e passa che spendo per mantenere la mia auto, anche se la tengo ferma, posso usufruire abbondantemente di tutti i mezzi di trasporto pubblici che ho a disposizione nelle grandi città: autobus e metro, car sharing, biciclette a noleggio, treni regionali e anche taxi. Comunque ci risparmierei – perché gli altri mezzi di trasporto mi costerebbero circa 1.500-1.700 euro l’anno", dice Poggio. "Certo l’alternativa è valida per chi abita nelle grandi città – spiega l’esponente di Legambiente – che comunque sono milioni e milioni di persone". Insomma, bisognerebbe sfruttare il momento positivamente, anche perché il modello di mobilità delle nostre città è in crisi già da un po’.
Se non ci fossero le cifre a dircelo, nelle nostre città non ci accorgeremmo certamente di una diminuzione del traffico, anzi: l’esperienza quotidiana è quella della congestione continua. Che fare, allora, per addomesticare la tigre della crisi, sperimentando nuove forme di mobilità? No alle politiche di ‘road pricing’ dice il presidente Aci, "che non hanno risolto i problemi ambientali – spiega - ma si sono quasi sempre tradotte in nuovi esborsi per le tasche degli automobilisti, con ripercussioni anche gravi per i meno abbienti. Tutto ciò va ripensato e rivisto, superando anche la vecchia logica che coniuga la mobilità, soprattutto urbana, con l’automobile: è improrogabile il rilancio del trasporto locale e di tutto ciò che può rappresentare un’alternativa economica, ecologica e davvero fruibile all’automobile". Per Federico Rupi – del settore trasporto del dipartimento di ingegneria civile dell’Università di Bologna - le limitazioni, anche coatte, all’uso dell’auto privata, possono funzionare per riscrivere la mobilità urbana. "In particolare le pedonalizzazioni, studiando bene il periodo di applicazione. Tenendo presente che la chiusura al traffico rende differente la percezione di certe parti della città".
Per Poggio di Legambiente, la possibilità di sviluppo dei mezzi pubblici è ancora tutta da praticare. "Anche perché 1/3 degli spostamenti nelle grandi città è sotto i due chilometri, e se consideriamo anche quelli sotto i cinque chilometri arriviamo a circa il 70% degli spostamenti totali. Dunque percorrenze giuste per i mezzi pubblici, che però vanno ripensati e sincronizzati tra di loro, in modo da creare intermodalità tra i vari mezzi di trasporto: auto + bus, metro + bicicletta, perché non esiste un solo mezzo buono per ogni stagione e per ogni momento. È assurdo che sulla metro o sui treni regionali non si possa quasi mai salire con la bici... Saremo ancora in tempo a cambiare faccia delle nostre città? Forse. Ma se pensiamo a quanti soldi abbiamo buttato e buttiamo per avere due auto per famiglia... Se pensiamo a quanti soldi sono stati investiti da Stato, Regioni e Comuni per la mobilità privata su gomma... Se avessimo investito anche solo una metà di quelle risorse nei servizi pubblici oggi ne avremmo una dotazione straordinaria".


Silvia Fabbri

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