Mauritius fa parte delle Isole Mascarene, un arcipelago di origine vulcanica che potrebbe appartenere a una catena sommersa che comprende anche le Seychelles e Réunion. Si formò (insieme alla vicina Rodrigues) circa 8-10 milioni di anni fa. Misura 58 km da nord a sud e 47 km da est a ovest, e si trova a 800 km dal Madagascar, alla stessa latitudine di Harare (Zimbabwe) e Rio de Janeiro. La nazione di Mauritius include l'isola principale, Rodrigues e numerosi atolli corallini.
L'isola è caratterizzata da un altopiano centrale che ha il suo punto più alto nel sudovest a Piton de la Petite Rivière Noire, 828 m s.l.m. Verso nord, l'altopiano degrada dolcemente; verso sud, invece, la discesa verso la costa è ripida. L'isola è ricca di vestigia dell'attività vulcanica passata; due esempi sono il cratere di Trou aux Cerfs (Curepipe) e il lago vulcanico di Grand Bassin. Quando giunsero i coloni, il terreno era punteggiato da ciottoli lavici; nel tempo sono stati raccolti per lasciar spazio alle coltivazioni, e sono ammonticchiati qua e là in piramidi, soprattutto nei pressi dei campi di canna da zucchero.
Mauritius è nota per la sua eccezionale bellezza naturalistica. Nel suo diario di viaggio Following the Equator, Mark Twain annotò che "si ha l'impressione che sia stata creata prima Mauritius e poi il paradiso, e che il paradiso sia stato copiato da Mauritius". È circondata dalla barriera corallina, che ha prodotto nel tempo la sabbia bianca delle spiagge.
L’isola
di Mauritius, arcipelago delle Mascarene, Oceano Indiano
sud-occidentale, la vista dall’alto promette bene. Siamo cicloturisti e -
a differenza dei 2 milioni annui di visitatori - siamo venuti qui per
esplorarla sulle due ruote a raggi. Dall’oblò restiamo colpiti dalle
creste rocciose delle catene montuose e dei picchi isolati che
caratterizzano la morfologia del 40% del territorio. Morne Brabant in
testa a tutti, uno spettacolare promontorio-penisola di 556 m di nera
lava vulcanica e flora tropicale a strapiombo sulla limpida laguna
sottostante.
MONTAGNE IMPETTITE
Quote
contenute, il picco più alto, il Piton de la Petite Riviere Noire,
misura 828 m, ma con strutture e profili patagonici, falesie che
precipitano per qualche centinaio di metri sulla foresta e creste a lama
di coltello. Non a caso Mark Twain, scrisse che “Dio trasse ispirazione
da Mauritius per creare il paradiso” e definì la Montagne du Rempart
(545 m) il “Cervino tascabile”. Paiono costruzioni di un artista
fantasioso, con il loro sorgere improvviso dalle macchie o dalle
sterminate piantagioni di canna da zucchero che, confinate in ordinati
scacchi di terreno, lasciano a tratti spazio a coltivazioni di ortaggi e
frutta, più rari i pascoli. Ce ne rendiamo presto conto salendo alle
Terre colorate e alla cascata di Chamarel. E, non paghi, la tireremo
fino ai 774 m de La Varangue sur Morne di Plaine Champagne: 9 km di
ascesa con pochi tratti di respiro. Oppure guadagnando per due volte in
due giorni il tempio indù di Grand Bassin (o Ganga Talao), meta del Maha
Shivaratree, una delle feste religiose più importanti fuori dall'India e
adagiato sul lago omonimo, prima salendo per lo Chemin Grenier, e poi
per i 20 km della Route du Tè che riportano alle fasce alte dell'isola,
ai centri urbani di Curepipe e Quatre Bornes.
LE VIE DEL TÉ E DEL RHUM
Sulla
Route du Tè è d'obbligo la sosta alla storica fabbrica del tè di Bois
Cheri, con degustazione e visita guidata sulla preparazione delle
gustose foglioline. E atletica scalata dei tornanti che si snodano tra
le piantagioni dove le donne riempiono i sacchi che portano sulle spalle
con le tre foglioline sommitali di ogni piantina, fino a raggiungere i
50 kg. Un percorso, e non l’unico, dove si torna per qualche ora in
Appennino, pedalando nell’aria frizzante dei 600 m di quota tra boschi
di pini, lungo le sponde del lago Vacoas, tagliando campi di ortaggi e
canna da zucchero, e laggiù all'orizzonte le linee ardite delle
Montagnes Vacoas. Per non lasciare niente di incompleto, si fa una
deviazione per ammirare i sette salti delle Tamarin Falls, raggiungibili
con una sterrata dall’abitato di Camp Mapou. Quasi un peccato buttarsi a
capofitto verso il litorale di Flic en Flac per essere riconsegnati
all’animata vita di uno dei settori più considerati dalla vita
spiaggereccia di Mauritius. Ma il giorno dopo si può sempre risalire, e
smaltire i postumi della fatica alla Maison Eureka, la casa-museo
coloniale più ricca di mobili e oggetti dell'isola, e proseguire tra le
maestose montagne di Moka fino alla discesa sul lago de la Nicoliere per
fermarci ancora, dopo pochi km, ai giardini di Pamplemousse con oltre
500 specie di piante esotiche e uno stagno di ninfee. E lì vicino alla
Aventure du Sucre, una fabbrica di zucchero datata 1797 trasformata in
museo con una serie di sale a pannelli che illustrano storia e cultura
dell’isola: lo sfruttamento della canna da zucchero, dall’arrivo dei
primi coloni olandesi ai giorni nostri. Si possono assaggiare 15 varietà
di zucchero grezzo e degustare diversi tipi di rhum.
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PORT LOUIS, LA CAPITALE
Un
viaggio culturale non può prescindere la visita a Port Louis, la
capitale, iniziando dalle immagini della Aapravasi Ghat, dove si tocca
la triste realtà dello schiavismo africano della prima ora e
dell'importazione di manodopera indiana a condizioni si sottomissione e
super sfruttamento. Sulla pelle di schiavi e immigrati si è costruito il
decollo economico di questa piccola isola. Nelle sale multimediali del
Blue Penny Museum, oltre alla visione dei rari francobolli “Post Office
rosso da 1 penny” e “Post Office blu da 2 penny” si compie un ulteriore
girotondo storico mauriziano tra passaggi di possesso, battaglie navali e
protagonisti del passato. Port Louis, stretta tra il mare e le
singolari sagome dei picchi del Pouce e del Pieter Both, non é solo
musei o il moderno waterfront sintetico e strusciante, ma contrasti tra
architetture coloniali e profili ultramoderni, strade animate e un
colorato mercato coperto. Cittadina cosmopolita con cattedrale cattolica
e pagoda buddhista, tempio indù e moschea islamica.
I TEMPLI INDÙ
La fede religiosa è per la maggior parte induista, perché è originaria dell'India la maggior parte della popolazione. E i
mandir (templi indù) - con i
gopuram
(torri votive) decorati con colorate sculture Visnu, Shiva, Brahma -
sono una delle attrazioni dell'isola. Il Grand Bassin, guardato a vista
da una gigantesca statua di Shiva, dove gli indù compiono le abluzioni
purificatrici. Il tempio della cittadina indù di Triolet, il più bello. E
il
mandir di Goodlands, il più colorato.
IL MODELLISMO NAVALE
A
Goodlands, durante il rilassante ciclo-circuito dell’estremo nord a
doppiare l’obbligatorio estremo di Cape Malheureux, abbiamo fatto una
puntata a curiosare nelle bacheche ma soprattutto nel laboratorio
dell’Historic Marine Museum, per vedere le riproduzioni dei più famosi
vascelli d’epoca e all’opera artisti del modellismo navale: un'attività
mauriziana che esporta in tutto il mondo senza conoscere momenti di
crisi.
LE SPIAGGE
Finalmente
arriviamo alle sospirate spiagge. Gli arenili a Mauritius sono liberi,
l'accesso è consentito a tutti. E quasi ovunque è permesso il campeggio
libero. Ovunque s'incontrano strisce di sabbia corallina, delimitata da
un mare pulito, caldo e calmo grazie alla barriera di corallo che separa
le spiagge dall'oceano. Bel Ombre, Pointe Sud-ouest, Wolmar, Flic and
Flac, Balaclava, Pointe aux Biches, Grand Baie, Pereybere, Belle Mare,
Blue Bay giusto per contare fino a dieci. Mauritius vale la pena di
essere spazzolata da un capo all’altro, di essere visitata e assorbita
in tutto quel che offre.
RODRIGUES
Se
Mauritius è troppo affollata e 'civilizzata' per voi, se cercate la
solitudine, una natura selvaggia ed esperienze di ciclo-escursionismo
fuoristrada, andate a Rodrigues. Un'isola, 600 km più a est, che
appartiene politicamente all'arcipelago mauriziano ma è fuori dal mondo,
non ancora sfruttata dall'industria del turismo. Dà l'idea di come
dovevano essere le isole dell’Oceano Indiano prima del boom delle
vacanze esotiche. Lunga 18 km e larga 8, ha 37.000 abitanti, neri di
origine africana e di religione cattolica. Ospita una cattedrale di fine
Ottocento. Terra di agricoltori, pescatori e allevatori dove
l’isolamento seleziona l’affluenza dei visitatori dall’isola madre. Vita
semplice, a velocità umana. Un clima secco e ventilato che rende
piacevoli anche le ore più calde in sella alla bici. Ristorantini da
banco con la cucina comune all’appartamento sul retro dei proprietari,
empori riforniti alla rinfusa dove trovi di tutto, e gente che si muove
su corriere multicolori. Poche strade dove non ci sono problemi di
traffico. Alberghi eleganti ma tutt’altro che faraonici, dove lo
spettacolino della sera ha il sapore di un ballo di paese. L'integrità
di ambiente e costumi è la principale attrattiva di Rodrigues.
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SCHEDA GEOGRAFICA
Con
Rèunion e Rodrigues, Mauritius fa parte dell’arcipelago delle
Mascarene, dal portoghese Pedro de Mascarenhas, che le scoprì nel 1505. É
un'isola vulcanica di 1865 kmq. Con un perimetro di 330 km: è lunga 65 e
larga 48. La capitale è Port Louis. Gli abitanti sono circa 1.200.000.
La religione predominante è l’induismo, seguita da cattolicesimo e
islam. L'alfabetizzazione è prossima al 100%. Scuole e assistenza
sanitaria sono gratuite. Violenza e delinquenza sono sconosciute. La
gente è cordiale e mai invadente. Pur essendo diffuso il secondo lavoro
per campare la miseria è inesistente. Conosciuta fin dall’antichità
sulle mappe arabe, rimase abitata solo dai dodo (uccelli non volanti)
fino alla colonizzazione che iniziò nel 1598 con gli olandesi, che la
battezzarono Mauritius in onore del principe Maurizio di Nassau. La
abbandonarono nel 1710, e nel 1721 i francesi ne presero possesso, per
capitolare alle mire di conquista inglesi nel 1810, i quali iniziarono
la massiccia importazione di manodopera dall’India fino al punto di
sconvolgerne la composizione etnica: oggi gli indiani sono il 70% della
popolazione. La canna da zucchero è la maggiore risorsa del Paese,
seguita da industria delle confezioni e turismo. Dal 1968 è una
Repubblica indipendente. É dal 1952 nel mondo del turismo, e viene
visitata ogni anno da circa 2 milioni di turisti (70.000 italiani).
COME SIMBOLO UN UCCELLO ESTINTO
Mauritius ha come simbolo un uccello che non vola estinto, il dodo (
Raphus cucullatus).
Un grosso e grassoccio papero a piume bianche striate, zampe corte e
becco massiccio e ricurvo. Goffo e timido, incapace di volare e con un
paio di piccole ali. Le illustrazioni dei giornali di bordo dei primi
marinai arrivati ne mostrano a centinaia, facili prede in quanto non
avevano mai conosciuto predatori come l’uomo e il cane, che in meno di
30 anni li portarono all’estinzione mangiandoli e divorandone le uova.
Li chiamarono dodo dal portoghese
doudo cioè “stupido”.
Campeggia nello stemma dell’isola, sulle magliette, nei nomi dei locali,
nei pelouche, nelle calamitine souvenir, ovunque. Ne esiste una
ricostruzione al Natural History Museum di Port Louis e una alla Maison
Eureka.
QUANDO ANDARE
Mauritius gode
di un clima tropicale, caldo e piacevole tutto l’anno. La stagione
fresca, l’inverno, va da giugno a settembre, con temperature di 20-25°C
sulla costa e di 15°C sull’altopiano, mentre l’estate, che va da
dicembre a marzo, ha temperature di 29-35°C sulla costa e di 20°C
sull’altopiano. I mesi più piovosi vanno da gennaio ad aprile, quelli
più secchi sono ottobre e novembre. I mesi migliori per un soggiorno
sono da aprile a giugno e da settembre a novembre.
A TAVOLA
Una
gastronomia colorata, piena di profumi e sapori esaltati dalle spezie.
Un'isola popolata di genti di origini così diverse anche a tavola
diventa un mix di influenze: creole, cinesi, indiane, europee. Molto
usata la carne di cervo e la selvaggina in genere. Si mangia molto pesce
e anche carne di coccodrillo (allevato), come a La Vanilla Reserve des
Mascareignes che serve crocchette di carne di alligatore. I vegetariani
non hanno problemi nei ristoranti degli alberghi come nei numerosi
ristorantini indiani (è ancora vegetariana una parte della popolazione
indù). Il frutto nazionale è il lychees, una tonda bacca rugosa con una
dolce polpa gelatinosa. Ovunque si trovano ristorantini ottimi ed
economici. Tutti i parchi menzionati a vario titolo nell’articolo hanno
al loro interno un ristorante.
testo di Carlo Ferrari
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