Da professionista del ciclismo a professionista del
doping. Del quale è stato solo l'esponente di maggior spicco e non certamente l'unico attore. L'ex ciclista
Lance Armstrong, infatti, poteva contare su un sistema perfettamente orchestrato, costruito su diversi livelli. A tracciare il ritratto del
sistema Armstrong sono le
centinaia di pagine pubblicate dalla
United States Anti Doping Agency (Usada)
e sottoposte ora alla Union Cycliste International, alla World
Anti-Doping Agency (Wada) e alla World Triathlon Corporation. La Usada
non esita a definire quello guidato dalla
Us Postal Service Pro Cycling Team il più sofisticato e professionalizzato
programma di doping nella storia dello sport.
Quello che emerge da queste pagine è infatti un quadro inquietante
che ha come protagonisti Armstrong insieme ai suoi compagni di squadra,
che a lungo hanno dominato la scena mondiale del ciclismo, medici e
preparatori. Scrive a proposito la Usada:
“Il signor Armstrong non ha agito da solo. Lo ha fatto con l'aiuto
di un piccolo esercito di persone che lo hanno supportato, inclusi
medici del doping, narcotrafficanti, e altre personalità all'interno
dello sport e della squadra”. Compresi moglie e anche un medico italiano, racconta il
New York Times,
Michele Ferrari, il cui nome è comparso anche nella recente
vicenda di Alex Schwazer.
Pur non agendo da solo, Lance Armstrong
- sette volte vincitore del
Tour de France e sopravvissuto al cancro - avrebbe giocato un
ruolo di primo piano secondo l'Usada, facendo da collante e esercitando
pressioni sui compagni, incitandoli a mantenersi all'interno del
programma di doping. Motivo per cui l'agenzia, lo scorso agosto, lo
avrebbe squalificato a vita, spogliandolo dei risultati conquistati dal
1998, vittorie al Tour de France incluse.
Perché dal 1998 fino allo scorso anno, quando Lance si è ritirato dalle competizioni, si muoveva intorno al
ciclista un 'organizzazione spaventosa, come
testimoniano le email, le transazioni finanziare, i test di laboratorio e
i racconti dei compagni di squadra, 11 in tutto: Frankie Andreu,
Michael Barry, Tom Danielson, Tyler Hamilton, George Hincapie, Floyd
Landis, Levi Leipheimer, Stephen Swart, Christian Vande Velde, Jonathan
Vaughters e David Zabriskie. Testimoni e al tempo stesso reo confessi di
aver fatto più volte ricorso al
doping: testosterone, cortisone,
Epo (la stessa che alle scorse Olimpiadi è costata l'uscita di scena a Schwazer), trasfusioni di sangue.
Ecco allora che i racconti sono quelli sentiti più volte, ma
stavolta dalle bocche dei loro protagonisti: Armstrong e due compagni di
squadra che nel 2000 volano a Valencia, per praticare
prelievi di sangue, che il mese dopo ritornerà nelle
loro vene durante il Tour de France. Armstrong che mette Landis a
guardia del suo frigorifero per controllare che l'elettricità non manchi
mai e che i suoi globuli rossi si mantengano in salute. Bottiglie
riempite di
Epo a dosi personalizzate durante i pasti, pasticche di
cortisone che la stessa moglie del ciclista, Kristin Armstrong avrebbe portato ai
ragazzi ai campionati mondiali del 1998.
Tutto con perfetta consapevolezza. Perché la figura del medico che spacciava farmaci per
vitamine è solo una parte dei racconti. Gli atleti sapevano di ricevere
testosterone o
cortisone. E sapevano anche che dietro quelle
somministrazioni non c'erano malattie (come pure è stato sostenuto dal
ciclista) che giustificassero il loro uso. Lo sapeva soprattutto
Armstrong (che ancora non avrebbe commentato il dossier di accusa), sottolinea ancora la Usada:
“Il suo obiettivo lo ha portato a dipendere da Epo, testosterone e
trasfusioni di sangue ma anche, più spietatamente, ad aspettarsi e a
richiedere che i suoi compagni facessero lo stesso uso di farmaci per
sostenere i suoi obiettivi se non i loro stessi”. Tanto da non tirarsi indietro quando toccava a lui far ingoiare ai compagni testosterone mescolato a olio di oliva.
di Anna Lisa Bonfranceschi
SU ...
http://daily.wired.it/news/politica/2012/10/11/rapporto-accusa-doping-armstrong-123456.html
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