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30/01/18

Google e le Biciclette che gli Rubano


Così da alcuni "furti" delle biciclette messe a disposizione dei dipendenti, 
Mountain View potrebbe a breve entrare nel mercato del bike sharing. 
E forse rivoluzionarlo.

Girare per i 110 mila metri quadri del Googleplex, la sede principale di Google, può essere, se non complicato, quantomeno lento, poco agevole. Per questo dal 2009 l'azienda californiana ha messo a disposizione un numero sempre crescente di biciclette, le cosiddette Gbikes, per velocizzare il trasferimento da un ufficio all'altro. Attualmente sono 1.100, anche se molte vengono utilizzate dai dipendenti anche al di fuori del Googleplex. E a volte non fanno più ritorno in sede. 

Questo però da problema si sta trasformando in un possibile nuovo
 “ramo d'azienda” del gruppo di Mountain View.

Le bici colorate griffate Google sono diventate nella cittadina californiana una presenza fissa, qualcosa di normale, da prendere e lasciare in strada come si fa con un qualsiasi mezzo messo gratuitamente a disposizione della popolazione. Non ci sono lucchetti, non ci sono blocchi, si sale e le si usa sino a quando non si arriva a destinazione. Sharing economy, ma senza economy, perché non c'è nessuno che guadagna qualcosa. Certamente non Google che, anzi, è la parte lesa. Basta pensare che dalle cento alle 250 bici a settimana circolano liberamente, senza proprietario, fuori dai cancelli aziendali. "È come se fosse un gesto amichevole di Google a chi abita qui", ha detto al Wall Street Journal un'abitante di Mountain View di 68 anni, Sharon Veach, 
che sulle Gbikes pedala più volte alla settimana. 

Il paradosso è che l'azienda che ha costruito un impero organizzando le informazioni, sta avendo problemi a tracciare le proprie biciclette. E questo nonostante l'inserimento, negli ultimi mesi del 2017 di un sistema Gps che ne facilita l'individuazione. 

Così, non avendo ancora trovato la bicicletta che si guida da sola, Google ha deciso di assumere trenta “accalappiabici” che muniti di cinque furgoni trasportano i mezzi abbandonati e li riportano alla sede principale. A queste trenta persone però l'azienda ha deciso di affiancare anche un numero imprecisato di programmatori e alcuni ingegneri per elaborare un sistema di chiusura e gestione dei mezzi di trasporto facilmente utilizzabile tramite smartphone. Insomma la riedizione googliana di quanto accade già ora in quasi tutto il mondo con quello che viene identificato come bike sharing 2.0, quello libero, free floating, senza cioè stazioni di parcheggio fisse.

L'aumento di traffico e di spostamenti delle Gbikes riportati dal sistema di tracciamento Gps ha spinto il gruppo a considerare la possibilità di un utilizzo del sistema elaborato per i dipendenti aziendali anche al di fuori della sede. E così lo sbarco di Google nel mercato del bike sharing (ancora non è dato sapere se da sola o assieme ad altre aziende) appare tutt'altro che remoto, anche considerando il fatto che il settore è in costante crescita: solo in America 28 milioni di persone in 50 città utilizzano questo tipo di servizio.

D'altra parte l'interesse per il mondo delle biciclette di Google non è una novità. Da anni nella sezione Maps l'azienda sta sviluppando un sistema capace non solo di calcolare l'altimetria del viaggio, ma anche di gestire al meglio il calcolo del percorso tenendo in considerazione la presenza di piste ciclabili, corsie ciclabili e strade poco trafficate.

Nel 2017 Mountain View ha inoltre contribuito a finanziare il progetto Gen 2 Wheel di Electron. Si tratta di una ruota di bicicletta motorizzata elettricamente, montabile in pochi secondi e interamente controllabile tramite Google Assistant, l'assistente virtuale sviluppato dal gruppo californiano. Il sistema utilizza un sensore che rileva la pendenza e la scorrevolezza della strada per calcolare il livello di assistenza (non si tratta di pedalata assistita in quanto il motore elettrico è situato nella ruota e non interviene quindi nel movimento centrale che permette il movimento delle pedivelle).

Google ha inoltre collaborato con la Levi's per la realizzazione della Commuter Trucker jacket, una giacca in jeans pensata per le esigenze dei ciclisti che integra un software chiamato Jacquard che permette di accedere a un sistema vocale di gestione delle app (musica, gps, indicazioni stradali) accessibile semplicemente sfiorando la manica.


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FAI VOLARE LA FANTASIA 
NON FARTI RUBARE IL TEMPO
 I TUOI SOGNI DIVENTANO REALTA'
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IL TUO FUTURO E' ADESSO .

MUNDIMAGO


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17/01/18

Napoli: Baby Gang Aggredisce 3 ragazzi ed accerchia camionetta di Militari



Feriti anche i militari
Il sabato sera Napoli si accende di vita specialmente sul lungomare, dove pizzerie e locali sono il punto d’incontro di molti giovani che vogliono passare una serata all’insegna del divertimento. Ma sabato scorso alle ore 23 e 30 in una serata che sembra versare nella normalità 
accade qualcosa di sconvolgente.

Una donna comincia ad urlare: “Uccideteli”. Un gruppo folto di 30 ragazzi inizia ad inseguire tra la folla 3 giovani. Il loro reato? Aver sorriso ad una giovane ragazza vestita in modo appariscente. Parte così la folle corsa dei tre ragazzi per cercare riparo da quella folla inferocita. Il dato sconcertante è che i 30 ragazzi hanno tutti tra i 10 e i 15 anni, vestiti con jeans strappati, sciarpe scure e scarpe nere ed un atteggiamento da boss di camorra.

Nella loro, come rende noto il corriere.it, fuga i 3 amici di San Giovanni a Teduccio individuano una camionetta dell’esercito nella zona della “colonna spezzata”. Ci sono 2 militari, ma il branco non si arresta, accerchia la camionetta che protegge le 3 vittime. Due di loro cercano di affrontare i militari, mentre gli altri colpiscono i tre giovani al volto con pugni.

I militari feriti aspettano i rinforzi, mentre cercano di calmare la folla inferocita. I carabinieri arrivano sul posto, ma un membro del branco lancia subito l’allarme “’E guardie, ‘e guardie , sciogliete, sciogliete” e in un attimo il branco si dissolve facendo perdere le proprie tracce. Le vittime con ancora i segni della violenta colluttazione raccontano: “Erano tanti, non abbiamo fatto niente, veramente non abbiamo fatto nulla”. 

Ma questo è solo l’ultimo di una serie di eventi criminali che vede il branco come colpevole di violenza gratuita. Baby gang formate da membri giovanissimi che usano tattiche ben precise di guerriglia. Individuano la vittima innocente e concentrano tutta la loro violenza su di essa. Un sintomo che sembra dilagare e che sembra essere inarrestabile anche davanti alle forze dell’ordine.


la mafia si combatte con un esercito di maestre

Sgominata baby gang: 7 arresti. A Napoli per vertice sulla sicurezza Il ministro della Giustizia Andrea Orlando parla di situazione grave: non serve l'esercito, ma maestre. Da mesi il Capo della Procura dei minori descrive una situazione difficile nel Capoluogo partenopeo,
 in piena "emergenza sociale". 

Almeno 4 aggressioni a danno di minori in un solo mese a Napoli. Altrettante, se non di più, nell'hinterland partenopeo. Perchè non sempre - per paura - si denuncia. Il copione è sempre lo stesso: gruppi di bulli avvicinano ragazzi indifesi che passeggiano o si recano a casa o a scuola. Qualche battuta e poi le aggressioni: verbali, ma soprattutto fisiche. Quasi sempre le vittime devono ricorrere alle cure dei sanitari. In molti casi hanno rischiato la vita. Il fenomeno sta assumendo contorni sempre più preoccupanti tanto che oggi il ministro dell'Interno Marco Minniti è proprio a Napoli per presiedere in Prefettura il vertice del Comitato per l'ordine e la sicurezza. Presenti i rappresentanti delle forze dell'ordine e le istituzioni.   "Se non si mettono in campo - spiega il sindaco Luigi De Magistris - lo Stato, la certezza della pena, la reazione della collettività, e non consideriamo la cosiddetta criminalità minorile una priorità nell'investigazione, rischiamo che Arturo (facendo riferimento ad una delle vittime delle baby gang, il giovane accoltellato una settimana prima di Natale) e gli altri non siano gli ultimi ma i tanti di una lunga serie". Le indagini delle forze dell'ordine intanto vanno avanti per risalire alle baby gang che stanno seminando il terrore. Questa notte sono stati individuati e fermati sette giovani, di cui 4 minori, a Pomigliano, ritenuti responsabili, a vario titolo, di 17 rapine nei confronti di 32 persone. L'indagine è scattata a seguito di una serie di rapine registrate nell'area a est di Napoli nei mesi di ottobre e novembre 2017.  
Capo Procura minori: emergenza sociale "C'è una gravissima emergenza sociale oltre che un'emergenza criminale, ed è da tempo che ne parlo. Purtroppo c'è una condizione dei giovani che vivono nella città di Napoli e che vivono nell'hinterland che è molto grave, in taluni quartieri sono totalmente abbandonati, ci sono pochi servizi sociali - dichiara Maria de Luzenberger, procuratore della Repubblica per i minorenni di Napoli -  La città di Napoli ancora ancora ha una sua organizzazione dei servizi sociali, pur nelle gravi carenze che registra, ma la periferia e soprattutto i comuni limitrofi sono in situazione ancora molto più grave."  Orlando: non serve esercito, ma maestre "La questione napoletana è grave e interroga la capacità di risposta dello Stato, ma anche la questione dell'educazione e la realtà delle famiglie - dice il ministro della Giustizia, Andrea Orlando - Deve esserci un grande disegno per rafforzare il senso civico nelle scuole. È questa la risposta migliore. Quando sono dei bambini di 10-11 anni a essere criminali, non si risponde con un esercito di poliziotti ma, come disse un grande scrittore, la mafia si combatte con un esercito di maestre". 

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