Al G8 di Genova avevano ragione i no global
Globalizzazione, neoliberismo sfrenato, riscaldamento globale, disuguaglianza sociale sempre più netta, politiche migratorie sbagliate: letti a 15 anni di distanza, i motivi che portarono in piazza i Social Forum a Genova sono gli stessi che ci inquietano oggi.
Assalto alla scuola Diaz, a Genova, la sede del centro di coordinamento del Genoa Social Forum, ovvero uno dei peggiori momenti della storia sociale italiana, un momento che Amnesty International ha definito come “la più grande sospensione dei diritti umani e democratici dalla Seconda Guerra Mondiale in Europa”. Gli arrestati furono 93, 81 di loro vennero feriti, 61 dei feriti vennero portati in ospedale, gli altri finirono a Bolzaneto. Tre dei feriti arrivarono in ospedale
in prognosi riservata. Uno ci arrivò in coma.
Ma il 21 luglio del 2001 a Genova successe anche un'altra cosa, molto più macroscopica, ma paradossalmente dimenticata da quasi tutti. Quel giorno, per le strade di Genova, tra attivisti di ogni bandiera e colore, sindacalisti, movimenti cattolici, migranti, studenti, professori, intellettuali, politici, giornalisti di tutto il mondo, c'erano 300mila persone che portavano all'attenzione del G8 una serie di problemi che, secondo loro, erano uno scacco matto sul nostro futuro.
La gran parte di quei 300mila era arrivata in città quel mattino stesso, malgrado gli inviti di alcuni partiti a annullare le manifestazioni, malgrado la tensione e la paura di nuovi scontri con le forze dell'ordine, malgrado la città fosse un campo di battaglia. E ci era arrivata non per protestare contro l'uccisione di Carlo Giuliani. Ci era arrivata con degli obiettivi di protesta, con dei contenuti, purtroppo completamente oscurati dalle violenze di quei giorni.
Sono passati 15 anni e viviamo in un mondo che è molto diverso da quello di quell'estate, eppure, già all'epoca, i motivi per essere preoccupati per il futuro delle nostre società non erano poi così diversi da quelli che ora sono i motivi del terrore per il presente delle stesse: neoliberismo sregolato, legalità dei paradisi fiscali, dominio della finanza sull'economia, impoverimento delle classi medie a livello internazionale, aumento dell'ingiustizia sociale a livello internazionale, insostenibilità delle politiche economiche fondate sul debito, polarizzazione della distribuzione delle ricchezze, sregolato aumento del potere del privato sul pubblico, delle multinazionali sugli stati, delle lobby sui parlamenti, instabilità mediorientale, diffusione endemica di xenofobia e razzismo.
Questi sono i temi che i Social Forum portavano in piazza a Genova, a Firenze, a Roma, a Parigi e in tutte le altre occasioni in cui, all'inizio degli anni Duemila, si radunarono. Si trovano facilmente, messi tutti in fila nel documento finale del Social Forum di Porto Alegre, tenutosi in Brasile nel 2002 (dopo i fatti di Genova e a 11 settembre già avvenuto). Si tratta di un documento suddiviso in 16 punti, e leggerselo ora a distanza di 15 anni è molto istruttivo.
E se fa impressione scorrere quella lista oggi, a distanza di 15 anni, è proprio perché in quella lista ci sono tutti i maggiori problemi che stanno minacciando il nostro presente. Ed erano già lì, tutti, in bella fila, 15 anni fa. Difficile dire se in quel momento si era ancora in tempo per cambiare qualcosa; si sa, le dinamiche storiche hanno radici molto più profonde di quelle che tendiamo
a vedere noi passeggeri della Storia.
Eppure, malgrado tutto, oggi è difficile negare che quel giorno — che oggi ricordiamo più per il terrificante assalto alla scuola Diaz, per gli arresti e per le cariche della polizia, piuttosto che per i motivi dei manifestanti — ad essere seduti dalla parte della ragione erano proprio loro, i manifestanti.
documento finale
del Forum sociale
Resistenza al neoliberismo, al militarismo, alla guerra: per la pace le la giustizia sociale
1) Di fronte al continuo deterioramento nelle condizioni di vita dei popoli, noi, movimenti sociali del mondo intero, ci siamo incontrati in decine di migliaia nel Secondo Forum sociale mondiale di Porto Alegre. Siamo qui a dispetto dei tentativi di spezzare la nostra solidarietà. Ci incontriamo di nuovo per continuare le nostre lotte contro il neoliberismo e la guerra, per confermare gli accordi dello scorso Forum e riaffermare che un altro mondo è possibile.
2) Siamo diversi donne e uomini, adulti e giovani, popoli indigeni, contadini e urbani, lavoratori e disoccupati, senza casa, anziani, studenti, persone di ogni credo, colore, orientamento sessuale. L'espressione di questa diversità è la nostra forza e la base della nostra unità. Siamo un movimento di solidarietà global, unito nella nostra determinazione di lottare contro la concentrazione della ricchezza, la proliferazione della povertà e delle ineguaglianze e la distruzione della nostra terra. Stiamo costruendo alternative, utilizzando modi creativi per promuoverle. Stiamo costruendo una ampia alleanza a partire
dalle nostre lotte e dalla resistenza a un sistema che è fondato sul patriarcato, il razzismo e la violenza, che privilegia gli interessi del capitale sui bisogni e le aspirazioni dei popoli.
3) Questo sistema produce il dramma quotidiano di donne e bambini e anziani che muoiono di fame, dell'assenza di cure sanitarie e di malattie che potrebbero essere prevenibili. Intere famiglie sono obbligate a lasciare le loro case a causa delle guerre, dell'impatto del "megasviluppo", della mancanza di terra e in presenza di disastri ambientali, disoccupazione, attacchi ai servizi pubblici e distruzione della solidarietà sociale. Al Sud come al Nord forti lotte e resistenze stanno nascendo per far valere la dignità della vita.
4) L'11 settembre ha segnato una svolta drammatica. Dopo gli attacchi terroristici, che condanniamo assolutamente, così come condanniamo tutti gli altri attacchi sui civili in altre parti del mondo, il governo degli Stati Uniti e i suoi alleati hanno lanciato una massiccia operazione militare. In nome della "guerra al terrorismo" vengono attaccati in tutto il mondo i diritti civili e politici. Con la guerra contro l'Afghanistan, in cui sono stati usati anche metodi terroristici e con le nuove che si preparano, ci troviamo di fronte a una guerra globale permanente, per estendere scatenata dal governo degli Usa e dai suoi alleati per stabilire il loro dominio. Questa guerra rivela l'altra faccia del neoliberismo, la più brutale e inaccettabile.
L'Islam viene demonizzato, mentre il razzismo e la xenofobia vengono deliberatamente diffusi. La stessa informazione e i mass media prendono attivamente parte a questa campagna bellicista che divide il mondo tra il "bene" e il "male". L'opposizione a questa guerra è uno degli elementi costitutivi dei nostri movimenti.
5) La situazione di guerra ha ulteriormente destabilizzato il Medioriente, fornendo il pretesto per un'ulteriore repressione del popolo palestinese. Di fronte all'occupazione brutale di Israele, un compito urgente del nostro movimento è quello di mobilitare la solidarietà per il popolo palestinese e la sua lotta all'autodeterminazione. Questo è vitale per la sicurezza collettiva di tutti i popoli della regione.
6) Allo stesso tempo, anche nuovi eventi confermano l'urgenza delle nostre lotte. In Argentina la crisi finanziaria causata dal fallimento degli aggiustamenti strutturali del Fondo monetario internazionale e il debito crescente hanno fatto precipitare la crisi sociale e politica. Questa crisi ha prodotto proteste spontanee delle classi lavoratrici e della classe media, una repressione che ha causato morti, cambiamenti nel governo e nuove alleanze tra gruppi sociali diversi. Con la forza dei "cacerolasos" il popolo ha potuto assicurarsi la soddisfazione dei principali bisogni di base.
7) Il collasso della multinazionale Enron è un esempio della bancarotta dell'economia "del casinò" e della corruzione degli uomini d'affari e dei politici. I lavoratori sono rimasti senza impiego e senza pensioni. Nei paesi in via di sviluppo questa multinazionale impegnata in attività fraudolenti e i suoi progetti hanno cacciato la popolazione dalle loro terre aumentando smisuratamente i prezzi dell'elettricità e dell'acqua.
8) Il governo degli Stati Uniti nel suo sforzo di proteggere gli interessi delle grandi imprese, ha abbandonato con arroganza i negoziati di Kyoto sul riscaldamento globale, il trattato sui missili antibalistici, la convenzione sulla biodiversità, la conferenza dell'Onu sul razzismo e l'intolleranza e il confronto per ridurre la fornitura di armi leggere, dimostrando ancora una volta che l'unilateralismo degli Stati Uniti fa saltare i tentativi di trovare soluzioni multilaterali ai problemi globali.
9) A Genova il G8 ha completamente fallito nella sua pretesa di governo globale. Di fronte a una massiccia mobilitazione e resistenza, hanno risposto con la violenza e la repressione, denunciando come criminali coloro che avevano osato protestare.
Ma non sono riusciti a intimidire il nostro movimento.
10) Tutto ciò avviene nel contesto di una recessione globale. Il modello economico neoliberista distrugge i diritti, le condizioni e i livelli di vita dei popoli. Usando ogni mezzo per proteggere i loro dividendi, le mulitinazionali licenziano, riducono i salari e chiudono fabbriche, spremendo fino all'ultimo i lavoratori. I governi di fronte a questa crisi economica rispondono con la privatizzazione, il taglio delle spese sociali e una riduzione permanente dei diritti di lavoratori e lavoratrici. Questa recessione dimostra il fatto che le promesse neoliberiste di crescita e prosperità sono una bugia.
11) Il movimento globale per la giustizia sociale e la solidarietà si trova di fronte a enormi sfide: la sua lotta per la pace e la sicurezza collettiva impone di misurarsi con la povertá, le discriminazioni, il dominio e la creazione di una società sostenibile alternativa. I movimenti sociali condannano con forza la violenza e il militarismo quali strumenti di risoluzione dei conflitti; la promozione di guerre di bassa intensitá e le operazioni militari del Plan Colombia come parte dell'iniziativa regionale andina, il piano Puebla Panama, il commercio di armi e la crescita delle spese militari, gli embarghi economici contro i popoli e nazioni, in particolare contro Cuba e Iraq, e la crescente repressione nei confronti di sindacalisti e attivisti. Noi sosteniamo le lotte dei sindacati e dei lavoratori del settore informale, come uno strumento essenziale per il miglioramento delle condizioni di lavoro e di vita, l'effettivo diritto di organizzarsi, il diritto di sciopero, il diritto alla contrattazione collettiva a diversi livelli e per conquistare l'uguaglianza salariale e delle condizioni di lavoro tra donne e uomini. Rifiutiamo la schiavitú e lo sfruttamento dei bambini. Sosteniamo le lotte dei lavoratori e dei sindacati contro la flessibilità, l'esternalizzazione del lavoro e i licenziamenti e chiediamo nuovi diritti internazionali per i lavoratori e le lavoratrici delle multinazionali e delle loro fornitrici, in particolare il diritto alla libertà sindacale e alla contrattazione collettiva.
12) Le politiche neoliberiste creano ulteriore miseria e insicurezza. Esse hanno aumento in maniera impressionante il traffico e lo sfruttamento sessuale di donne e bambini che condanniamo con forza. Povertá e insicurezza portano anche alle migrazioni e a milioni di esseri umani è negata la dignitá, la libertá, i diritti. Perció noi chiedimamo il diritto alla libert[b4]adi movimento, il diritto all'integritá fisica e a uno statuto legale per tutti e tutte i lavoratori e le lavoratrici migranti. Sosteniamo i diritti dei popoli indigeni e l'applicazione dell'articolo 169 Oil nel quadro delle leggi nazionali.
13) Il debito estero dei paesi del Sud è stato già pagato più volte. Il debito, illeggittimo, ingiusto e fraudolento, funziona come uno strumento di dominio, toglie ai popoli i loro fondamentali diritti umani con il solo scopo di aumentare l'usura internazionale. Chiediamo la cancellazione incondizionata del debito e la riparazione dei debiti storici, sociali ed ecologici. I paesi che chiedono il rimborso del debito hanno intrapreso lo sfruttamento delle risorse naturali e intellettuali del Sud.
14) Acqua, terra, cibo, foreste, semi, la cultura e le identità dei popoli sono beni comuni dell'umanità per le generazioni presenti e future. E' essenziale conservare la biodiversità. I popoli hanno il diritto a un cibo sano e stabile, libero da organismi geneticamente modificati. La sovranità alimentare a livello nazionale, regionale e locale è un diritto umano fondamentale; in questo senso costituiscono richieste fondamentali la riforma agraria e l'accesso dei contadini alla terra.
15) Il vertice di Doha ha confermato l'illeggitimitá del Wto. La presunta "agenda per lo sviluppo" adottata in realtá difende solo gli interessi delle multinazionali. Con il lancio di un nuovo round il Wto si sta avvicinando al suo obiettivo di trasformare ogni cosa in merce. Per noi, cibo, servizi pubblici, agricoltura, salute, istruzione e i geni non sono in vendita. Inoltre rifiutiamo il brevetto di qualsiasi forma vivente. L'agenda del Wto viene estesa a livello continentale attraverso gli accordi di libero commercio e investimenti. Organizzando proteste come le grandi dimostrazioni contro l'Alca, i popoli hanno rifiutato questi accordi che rappresentano una ricolonizzazione e la distruzione di valori fondamentali, sociali, economici, culturali e ambientali.
16) Noi vogliamo rafforzare il nostro movimento attraverso azioni e mobilitazioni comuni per la giustizia sociale, per il rispetto dei diritti e delle libertà; per la qualitá della vita,
l'uguaglianza, la dignitá e la pace.
Lottiamo:
- Per la democrazia: i popoli hanno il diritto di conoscere e criticare le decisioni dei loro governi, specialmente quando riguardano istituzioni internazionali. I governi devono essere responsabili di fronte ai loro popoli. Mentre sosteniamo la diffusione della democrazia elettorale in tutto il mondo, sottolineiamo la necessitá di una democratizzazione degli stati
e delle società e la lotta contro la dittatura;
- Per l'abolizione del debito estero e la sua riparazione;
- Contro le attivitá speculative: chiediamo l'introduzione di tasse specifiche, come la Tobin tax, e l'abolizione dei paradisi fiscali;
- Per il diritto all'informazione;
- Contro la guerra e il militarismo, contro le basi e gli interventi militari stranieri, e la sistematica escalation di violenza. Noi scegliamo di privilegiare il negoziato e
la soluzione non violenta dei conflitti;
- Per una Unione europea democratica e sociale, basata sui bisogni di lavoratori, lavoratrici, popoli europei, sulla necessitá della collaborazione e della solidarietá con i popoli dell'est e del sud;
- Per i diritti dei giovani, il loro accesso a una istruzione pubblica, gratuita e socialmente autonoma e l'abolizione del servizio militare obbligatorio.
Per gli anni a venire organizzeremo collettivamente mobilitazioni come:
Anno 2022:
- 8 marzo: giornata internazionale delle donne
- 17 aprile: giornata internazionale delle lotte contadine
- 1 maggio: giornata dei lavoratori e delle lavoratrici
- 12 ottobre: il grido degli esclusi
- 16 ottobre: giornata dell'alimentazione
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