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30/06/13

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21/06/13

Bici in citta' : Sei proposte a costo zero


Sei proposte a costo zero alla nuova giunta capitolina

Col passaggio di mano della poltrona di primo cittadino, i ciclisti di Roma hanno ripreso a sperare nella possibilità di vedere a breve la città trasformarsi. Prima ancora di metter mano a pale e picconi per ridisegnare la forma ed il modo d’utilizzo delle strade, tuttavia, è bene ragionare su una serie di provvedimenti rapidissimi ed a costo pressoché nullo per l’amministrazione, da porre in atto in tempi brevi.

1 – accesso del transito delle biciclette sui marciapiedi purché a bassa velocità e con precedenza assoluta ai pedoni
Trattasi di norma generale che non richiede una cartellonistica specifica e può quindi diventare operativa fin da subito, avvalendosi dei “poteri speciali” per Roma capitale. Si tratterebbe di una deroga al CdS da far valere sull’intero territorio comunale e verrebbe incontro alle esigenze di chi non si sente sicuro ad iniziare a spostarsi sulle strade, a chi vuole muoversi coi bambini ed a tutta quella serie di “ciclisti tartaruga” che sono già identificati come target parziale in ambito europeo (mentre i “ciclisti lepre”, continuerebbero a preferire ed utilizzare la sede stradale). Il tutto senza penalizzare o mettere a rischio i pedoni, riconoscendone lo status privilegiato e la piena responsabilità del ciclista in caso di incidente. Dato che molte delle ultime “piste ciclabili” romane sono state realizzate sui marciapiedi senza alcun tipo di intervento di sistemazione ma solo con una pennellata per terra (già sbiadita), con questa soluzione risparmieremmo anche i costi della vernice.

2 – transito in controsenso sui sensi unici in presenza di sede stradale sufficientemente ampia “salvo diversa indicazione”
Il nuovo CdS consente ai sindaci l’adozione di questa misura con la formula “ove indicato”, che richiede l’individuazione delle strade e l’apposizione della specifica segnaletica. In questa maniera si liberalizzerebbe da subito l’utilizzo del “controsenso ciclabile” riservandosi di adeguare la segnaletica nell’arco di tempo necessario.

3 – limite di velocità generalizzato a 30 km/h sull’intero territorio comunale ad esclusione delle arterie di grande flusso, identificate dalla sezione della sede stradale (minimo due corsie per senso di marcia)
Anche questo intervento è di natura puramente normativa e non richiede cartellonistica specifica: si individuano le strade a sezione ampia come destinatarie del flusso veloce che mantengono l’attuale limite a 50km/h, e si declassano tutte le altre a “viabilità secondaria di quartiere” imponendo su di esse un limite più basso e ragionevole, compatibile con le esigenze di sicurezza degli utenti “leggeri” della strada.

4 – Estensione della possibilità di trasporto delle biciclette sui mezzi pubblici
Al momento il trasporto delle biciclette è fissato a tempi, orari e modalità estremamente limitanti. Vero è che mezzi ed infrastrutture scontano una obsolescenza ed un afflusso spesso eccessivi, tali da pregiudicarne fisicamente l’utilizzo, ma è altrettanto vero che con piccole e piccolissime attenzioni se ne potrebbe estendere facilmente la fruibilità alle biciclette. Il semplice trasporto della bici sulle scale mobili consentito in Germania e vietato in Italia (pensano che siamo più stupidi?), l’assenza di spazi chiaramente identificati sulle vetture, l’assenza di canaline ai lati delle scale per il trasporto a mano delle bici sono tutte piccole carenze che ci collocano al di fuori dell’ambito dei paesi “bike friendly”.

5 – obbligo per le aziende con molti dipendenti di dotarsi di parcheggi coperti per le biciclette e docce
Se si vuole operare un trasferimento modale massivo dall’auto alla bicicletta occorrerà predisporre le relative “facilities”. Le grandi aziende tendono a sottovalutare le possibilità di crescita nell’utilizzo della bici come mezzo di spostamento e a non mettere a disposizione i servizi essenziali ad essa collegati. In questo senso andrà individuata una ripartizione iniziale tra numero dei posti auto a disposizione dei dipendenti e numero dei posti bici da mettere a disposizione. Per le docce l’argomento è già presente nelle nuove normative edilizie, ne andrà obbligata e verificata l’implementazione anche negli edifici già esistenti.

6 – Possibilità di ricovero della bici negli spazi condominiali
L’altro estremo della filiera del trasporto bici è il ricovero in prossimità dell’abitazione. In questo senso molte altre città si sono dotate di regolamenti sull’utilizzo degli spazi comuni condominiali per il ricovero delle biciclette. Questa integrazione normativa potrà essere accompagnata da una campagna di incentivi per la predisposizione di tali spazi alla messa in sicurezza, con l’apposizione di rastrelliere (di tipologia predefinita).
Queste sono le prime sei iniziative che mi vengono in mente, pressoché a costo zero per l’amministrazione ma in grado di lanciare un segnale importante e portare l’attenzione collettiva sul mondo in crescita degli utenti urbani della bicicletta. Più in là ci sarà tempo per ripensare la viabilità, il disegno delle sedi stradali, la vita sociale, la vivibilità complessiva dei quartieri. Per ora, e già da subito, trasformazioni importanti possono essere operate anche solo con una semplice delibera assembleare.

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Ciclofficine d’Italia



Ciclofficine d’Italia


Chi considera la bici, oltre che un mezzo di trasporto,

 uno strumento di critica sociale,

non può mancare una visita a questi luoghi,

 un po’ officine un po’ laboratori di idee


Sono luoghi aperti che nascono sotto il segno della condivisione della conoscenza e dell’esperienza. Qui brugole e chiavi nanometriche convivono con la cultura del ciclismo urbano, ci si sporca la mani per mettere a posto il movimento centrale mentre si coltiva il sogno dell’autarchia ciclistica e si discute degli assurdi livelli della motorizzazione italiana. Tutto questo, e molto altro ancora, sono le ciclofficine. Luoghi in cui chiunque può entrare per mettere a posto, montare, verniciare o addirittura cercare una bicicletta nuova. Magari senza spendere un euro e senza grandi competenze meccaniche. Perché lo spirito della ciclofficina, per l’appunto, è soprattutto la condivisione. Poco male se non sai da che parte cominciare per sostituire i cuscinetti della ruota che scricchiola, troverai qualcuno più esperto che te lo potrà spiegare, ma di certo non lo farà al tuo posto. Poi, magari, potrai sdebitarti acquistando un attrezzo mancante o qualche pezzo di ricambio. Oppure niente, visto che le ciclofficine, tra le tante cose che sono, non sono luoghi di scambio economico. Va da sé che un contributo è sempre gradito perché la luce, l’olio per lubrificare la catena e il sapone per lavarsi le mani non è gratis per nessuno. 

Il dna antagonista delle ciclofficine è scritto nel loro certificato di nascita. Tutto comincia all’inizio degli anni 2000: stufi di smanettare nei loro garage, un gruppetto di ciclisti decide di cercare un posto in cui lavorare insieme, mettendo in comune passione, esperienze e attrezzi del mestiere. Quel posto lo trovano dentro il centro sociale Bulk: nasce così la prima ciclofficina italiana. Poco dopo, a Roma, l’esperienza viene replicata dal Macchia Rossa, nel quartiere Magliana. La capitale si rivela il terreno più fertile per le ciclofficine, ma nel giro di pochi anni, ne spuntano un po’ ovunque e oggi se ne trovano in molte città italiane. Spesso sono proprio loro il motore occulto delle critical mass, le pacifiche invasioni stradali con cui i ciclisti rivendicano il diritto di “essere traffico”. 

Consorziate nella Rete delle ciclofficine popolari, si tratta di realtà eterogenee perché molte sono fuoriuscite dal circuito dei centri sociali preferendo la forma giuridica dell’associazione. Il filo rosso che lega tutte le ciclofficine, comunque, resta l’amore per la bicicletta, l’accanimento terapeutico per riportare in vita anche rottami apparentemente senza speranza, lo spirito volontaristico di tutti i meccanici. Insieme all’idea di rivisitare il concetto stesso di bicicletta, modificandone la geometria del telaio, la forma del manubrio, il meccanismo dei freni (che spesso non ci sono perché la ruota è fissa, cioè il suo movimento è solidale con quello dei pedali). Se vi è capitato di vedere in giro per la città strani modelli allungati, rialzati o sdraiati, è probabile che a produrli sia stata una ciclofficina. 

La Ciclofficina Centrale dei Ciclonauti, a Roma, è il migliore esempio di come siano cambiate queste realtà negli anni. Nata all’interno di uno spazio occupato, in seguito allo sgombero ha deciso di trasferirsi in una struttura messa a disposizione dal Comune, a cui paga l’affitto. “ La nostra scelta è stata quella di cercare un dialogo con le istituzioni cittadine”, racconta Giuseppe Fiore, alias Il Losco Individuo (nel circuito delle ciclofficine è raro trovare qualcuno che si chiami per nome). “ In questi anni abbiamo collaborato con una Asl di Roma organizzando corsi di meccanica per pazienti con disagi psichici. Venivano in ciclofficina accompagnati da un medico e noi gli insegnavamo a mettere le mani sulla bicicletta. La stessa cosa abbiamo fatto con una cooperativa impegnata alla Stazione Termini con persone senza fissa dimora. Che adesso hanno un centro di noleggio bici”. E non solo: per recuperare il materiale su cui lavorare i ciclonauti hanno un accordo con l’Ama, l’azienda che gestisce i servizi ambientali della capitale, grazie al quale durante la raccolta dei rifiuti ingombranti possono portarsi via le biciclette destinate alla distruzione. 

È un’associazione anche quella che c’è dietro alla ciclofficina Abc di Torino, all’interno di un ex bagno pubblico, nel quartiere di San Salvario. “ Si tratta di uno spazio condiviso”, spiega Beppe Piras, “ perché quando non ci siamo noi, c’è il corso di ballo per gli anziani o lo sportello per gli immigrati. Come altre ciclofficine, oltre a dare una mano a quelli che passano di qui con la bici ammaccata, organizziamo corsi di ciclomeccanica di base. Pubblichiamo l’iniziativa sulla nostra pagina Facebook e nel giro di poche ore i posti disponibili sono già esauriti”. In certi casi, la ciclofficina si può anche trasformare in una casa d’asta. È successo l’anno scorso quando Piras e soci hanno battuto una dozzina di biciclette per raccogliere fondi in favore dell’Emilia colpita dal terremoto. Ma chi sono i frequentatoti delle ciclofficine? Per lo più giovani e studenti (tra cui anche molti stranieri) ma anche da cicloturisti, appassionati e professionisti che si spostano per la città in bicicletta. “ La motivazione economica è senz’altro forte”, continua Piras. “ Ma non è certo l’unica. Anzi, osserviamo con piacere che la bici appassiona e interessa sempre di più”. 

E il merito è anche delle ciclofficine. 


 di Matteo Scarabelli

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Uno studente costruisce una Honda S2000 elettrica



Auto elettrica fai da te: studente delle superiori costruisce una Honda S2000 elettrica

Gli adolescenti sono tutti dei perditempo dediti solo ad inseguire le mode?
Qualcuno, anche legittimamente, lo sarà pure:
 ma ad altri basta dare gli strumenti giusti e possono combinare quello che non t’aspetti.
Per esempio,progettare e costruire – elementi compresi – la conversione elettrica di una vecchia auto di serie. Il giovane Juan Ehringer, senior high schooler, cioè studente agli ultimi anni di scuola superiore nel mondo anglosassone, come passatempo si è scelto la realizzazione di una “sua” auto elettrica.
E non si è tirato indietro di fronte a nulla: ha, infatti, disegnato in CAD – programma di grafica vettoriale, per chi non l’avesse mai visto – i diversi elementi, assemblando da sé la batteria utilizzando delle celle polimeriche agli ioni di litio.
Il ragazzo è partito da una vecchia carcassa incidentata – scelta non a caso: la Honda S2000 è un’auto relativamente leggera, quindi più adatta di altre per un retrofit – e, con poca spesa, se l’è portata in garage; a questo punto ha sfruttato una sua peculiare competenza, la capacità di progettare in CAD e sagomare elementi meccanici tagliandoli al laser (altra attività di questo intraprendente ragazzo), per realizzare tutto quanto gli servisse pertrasformare la sua Honda in una sport car a zero emissioni.
Infatti, avendo cura di bilanciare bene la vettura posizionando la massa delle batterie sull’asse posteriore, ha dotato la S2000 restaurata di due motori elettrici e di una trasmissione Ford riadattata che la spingono ad avere una potenza di 686 kW, circa 920 cavalli: Ehringer mette in conto che il 15% di questa energia si dissipi, considerando come plausibili “solo” 782 dei cavalli trasmessi alle ruote motrici posteriori.
Come riportato da Motor Authority, è difficile pensare che effettivamente quest’auto artigianale sfrutti davvero la sua enorme potenza di oltre 2.000 Nm di coppia e oltre 900 cv: tuttavia, anche dimezzati sarebbero ottimi numeri.
Il giovane si è anche permesso di dotare la Honda S2000 electric da lui costruita di LED sequenziali sul posteriore (un tocco da “Supercar”) e di una chiave elettronica, riciclando l’hardware di un Nike+ iPod e di uncontroller programmabile di Arduino.
Adesso Ehringer si concentrerà sul perfezionamento dell’auto elettrica e del sistema di ricarica, anch’esso autocostruito: chiaramente, anche per le sue particolari attitudini, lo studente è sicuro di arrivare a completare lo sviluppo della sua Honda S2000 elettrica.
Certo, non bisogna pensare che costruirsi un’auto elettrica sia affare da tutti i giorni: però è argomento di laboratorio scelto sempre più dalle università scientifiche (recentemente in Inghilterra è stata realizzata una monoposto da corsa elettrica in kit di montaggio) ed è divertente che attiri l’attenzione dei più giovani, diventando anche una sfida personale.

Andrea Lombardo

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15 secondi per ricaricare l’autobus alla fermata



15 secondi per ricaricare l’autobus alla fermata: da ABB una rivoluzione per il trasporto pubblico elettrico



Tra l’aeroporto di Ginevra ed il Centro Espositivo Internazionale è già in funzione un rivoluzionario sistema di ricarica veloce degli autobus elettrici usati per il trasporto pubblico.
Al 60° congresso dell’International Association of Public Transport di GinevraABB , gruppo leader nel settore delle tecnologie per l’energia e l’automazione, ha annunciato che sta lavorando al progetto pilota TOSA destinato a rivoluzionare il mondo delle infrastrutture urbane con ricadute oltremodo positive sui costi e sull’inquinamento ambientale ed acustico.
Il Trolleybus Optimisation System Alimentation (TOSA) sarà il primo sistema al mondo a prevedere per gli autobus elettrici di grande capacità(135 passeggeri) una ricarica di 400 kilowatt in 15 secondi presso le fermate predisposte, grazie ad un braccio semovente controllato da laser connesso ad una presa sulla pensilina. La ricarica completa sarà poi effettuata al capolinea in soli 3-4-minuti.
E’ un’intelligente soluzione, questa, destinata a non inquinare, a non interferire con gli orari dei mezzi di trasporto pubblico, a non deturpare l’ambiente con antiestetiche linee elettriche aeree.
Anche la francese PVI, con il progetto di rendere illimitata l’autonomia dei bus elettrici urbani attraverso un sistema di ricarica rapida alle fermate(WATT SYSTEM), sembra percorrere la stessa strada di ABB contribuendo a definire con sempre maggior chiarezza i contorni del trasporto pubblico futuro (intuibili anche dai progetti operativi in Scandinavia), facendo così apparire già obsoleto quel sistema che prevede 10 minuti di ricarica ogni 2 ore di funzionamento, come accade ad esempio oggi a Stockton, nella Northern California.

Andrea Lombardo
Fonti: ABB



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14/06/13

Dalla parte di Edward Snowden


leggi quello che ha fatto

Questo 29enne ha appena rinunciato alla sua vita per far sapere al mondo del pazzesco programma PRISM degli USA, che è penetrato in tutte le nostre email, messaggi skype e post su Facebook per anni. Se milioni di noi agiranno urgentemente per sostenerlo, contribuiremo a fare pressione sugli USA affinché adottino una linea dura contro PRISM, non contro Edward. Mettiamoci dalla sua parte prima che sia troppo tardi: 

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Termine introdotto da C.G. Jung (1875-1961), con riferimento a un’Imago ‘materna’, ‘paterna’, ‘fraterna’ e divenuto di uso comune in psicanalisi. Caratterizzata come ‘rappresentazione o immagine inconscia’, l’Imago è piuttosto uno schema immaginario, un prototipo inconscio che orienta in maniera specifica il modo in cui il soggetto percepisce l’altro, ne orienta cioè le proiezioni. Formatasi sulla base delle prime relazioni del bambino con l’ambiente familiare, l’Imago non va peraltro considerata come correlato di figure reali, ma presenta carattere fantasmatico; così a un’Imago genitoriale minacciosa e terribile possono corrispondere genitori reali estremamente miti...leggi tutto -

 Pagina delle IMAGO 

 http://mundimago.org/imago.html





Le 12 costellazioni dello Zodiaco, che si trovano lungo l'eclittica, 
e vengono quindi percorse dal Sole nel suo moto apparente sulla volta celeste durante l'anno ...QUI - http://www.mundimago.org/costellazioni.html



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06/06/13

Critical Mass! Milano by Night



Sperando che non piova, facciamo il tour notturno della città con la Critical Mass!
Per chi non la conoscesse, Critical Mass è un raduno di biciclette che si ritrovano in un punto preciso della città, e da lì partono per girovagare di notte, sfidando il traffico e scampanellando a più non posso...
A Milano, l'appuntamento è giovedì sera alle ore 22.30 in Piazza Mercanti. Ci si trova con altri centinaia di ciclisti e da li si parte per girare la città in bici fino a notte fonda...
Un'iniziativa bellissima e aggregante, a cui partecipano persone di tutte le età, con bici colorate e scenografiche, ma anche rottami arrugginiti...l'importante è pedalare in gruppo e riprendersi, almeno per una notte, tutta la città!

Massa critica a Milano sotto la galleria in via Don Luigi Sturzo,

 nei pressi della stazione Garibaldi.

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La massa critica (spesso chiamata col termine inglese critical mass) è un raduno di biciclette che, sfruttando la forza del numero (massa), invadono le strade normalmente usate dal traffico automobilistico. Se la massa è sufficiente (ovverosia critica), il traffico non ciclistico viene bloccato anche su strade di grande comunicazione, come viali a più corsie. Nonostante questa descrizione, la massa critica è un fenomeno di difficile definizione, trattandosi di evento spontaneo privo di struttura organizzativa formalizzata. Il fenomeno si è sviluppato, a partire da San Francisco dove nel 1992 si svolse la prima critical mass, in molte grandi città e consiste in appuntamenti convenzionali ("coincidenze organizzate") di ciclisti che attraversano insieme tratti di percorso urbano in sella ai loro mezzi.

La prima critical mass si svolse a San Francisco, con 48 ciclisti; iniziò alle 6 del pomeriggio, il 25 settembre del 1992, anche se l'evento incominciò ad essere chiamato critical mass solo dal secondo incontro, venerdì 30 ottobre (con 85 ciclisti). Il suo nome incominciò ad essere utilizzato per simili ma indipendenti eventi, che iniziarono a crearsi nel mondo intero più o meno nello stesso periodo.

Il termine critical mass fu utilizzato da George Bliss mentre visitava la Cina. Bliss notò che in Cina, sia i ciclisti che i motociclisti, si fermavano agli incroci delle strade, fino a che il numero della massa non raggiungesse una quantità "critica", al che la massa si sarebbe mossa attraverso l'incrocio.

Il termine massa critica è anche utilizzato da sociologi, che sostengono che una rivoluzione sociale sia possibile solo dopo che una quantità "critica" di supporto popolare sia assicurato. Questo modo di pensare riflette il proposito di chi partecipa alla critical, i quali ritengono che la mobilità nelle città possa essere migliorata grazie alle biciclette e ad altri mezzi di trasporto alternativi rispetto al trasporto privato delle automobili.

La massa critica è spesso definita una "coincidenza organizzata", senza leader, organizzatori, o membri individuati da qualcosa che non sia la loro partecipazione all'evento. Anche il percorso seguito durante la manifestazione viene deciso sul momento, spesso da chi è in testa al gruppo, oppure chiunque abbia una propria idea su un percorso possibile, può stampare delle mappe e distribuirle ai partecipanti. Altre volte la decisione del percorso viene presa e condivisa tra più persone subito prima che questa abbia inizio. In questo modo il movimento si spoglia di tutto ciò che è implicato nella creazione di una organizzazione gerarchizzata: nessuna struttura interna, nessun capo, niente politica interna, niente direttive di movimento ecc. Per far esistere una massa critica tutto ciò che serve è che abbastanza persone sappiano della sua esistenza e si incontrino il giorno designato per il raggiungimento della massa critica, per occupare tranquillamente un pezzo di strada, in modo da escluderne i mezzi motorizzati.

Proprio in conseguenza di questa mancanza di gerarchia, è richiesto che i cicloattivisti prendano responsabilità dell'evento, ciascuno individualmente. In questa ottica, per preservare la compattezza del gruppo, alcune volte dei partecipanti usano una tattica chiamata corking, che consiste nel bloccare le macchine che potrebbero spezzare l'unità della manifestazione, frammentandola. Questo viene ottenuto semplicemente fermandosi con la bicicletta di fronte alle auto, in corrispondenza di incroci, rotonde, o anche semafori (quando una massa critica stia passando anche a semaforo rosso), fino a che tutto il gruppo sia passato. Questo permette anche di salvaguardare la sicurezza dei manifestanti e di limitare gli attriti con i conducenti di mezzi motorizzati.



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